MENU

Sapevi che anche la Qualità ha avuto i suoi pionieri?
Come spesso accade, i precursori di ogni settore sono ricordati per i loro studi, le loro intuizioni e le scoperte che hanno portato a grandi cambiamenti di pensiero e di azioni.
Questo si è verificato anche nel mondo dei Sistemi di gestione, solo che non se ne parla molto.
Probabilmente hai sentito parlare di Deming oppure di Juran quali “padri” della Qualità Totale, ma ce ne sono tanti altri!
In questo articolo ti racconto dei principali punti di riferimento degli standard ISO moderni e, soprattutto, ti rivelo ciò che ha reso eccezionale il loro lavoro.
Andiamo! 🙂
Ingegnere e uomo straordinario nel campo della statistica, Edward William Deming è nato nel 1900 ed ha vissuto fino a 93 anni.
Lo ricordiamo, insieme a Juran, per la diffusione della Qualità Totale in Giappone, nei primi anni ’50: mentre negli Stati Uniti i suoi insegnamenti ancora non erano compresi, infatti, in terra nipponica ebbe un larghissimo successo, diventando l’indiscusso protagonista della ripresa economica post bellica.
E’ ricordato come uno dei “padri della Qualità” perché applicò la Statistica al Controllo qualità delle fabbriche, ottimizzandolo.
Per approfondire, clicca sulla freccia accanto ai titoli riportati di seguito.
Fondamento del miglioramento continuo, il medodo PDCA (noto anche come “Ruota di Deming” oppure “Ciclo di Deming”) è il metodo per il controllo dei processi e il loro miglioramento continuativo nel tempo.
Si compone di quattro fasi:
- PLAN: pianfica ciò che deve essere fatto oggi per raggiungere i risultati prefissati, considerando tutte le alternative che è possibile mettere in atto.
- DO: fai ciò che hai pianificato di fare.
- CHECK: controlla che quanto hai fatto corrisponda a quanto pianificato e, soprattutto, se le azioni stabilite hanno permesso di ottenere gli esiti attesi.
- ACT: apporta le modifiche necessarie emerse dall’esito dei controlli effettuati, in considerazione del gap tra pianificazione e azione per arrivare all’obiettivo desiderato.
Quindi, ripeti il tutto, ancora, ancora e ancora!
Dirigere un’organizzazione che porti a risultati concreti è un’attività che va svolta con cognizione di causa.
A tal fine Deming ha stilato la lista delle responsabilità di coloro che si trovano ai vertici aziendali:
- stabilire chiaramente la direzione da seguire (“costanza di intenti”)
- abbracciare la filosofia economica fondata sulla qualità di prodotti e processi perché non vi sono certezze nel mercato
- smettere di “dipendere” dalle ispezioni per rintracciare gli errori, ma pensare alla qualità sin dalla progettazione
- abbandonare la passi secondo cui i fornitori vadano scelti in base al prezzo praticato, preferendo, invece, l’affidabilità e i fattori di miglioramento
- migliorare costantemente (con il metodo PDCA) è l’unico modo per governare processi efficienti applicando metodologie di gestione efficaci
- investire sull’addestramento delle persone come pratica quotidiana e costante
- praticare una leadership forte, che sia guida e supporto a manager e dipendenti di qualunque livello
- scacciare la paura ma, invece, concentrarsi sulla fiducia e la collaborazione, che migliorano la comunicazione, il lavoro e i risultati
- eliminare i confini tra i processi e le persone per lavorare in team, considerando ciascuno come un cliente interno
- eliminare obiettivi quantitativi, slogan ed etichette, focalizzandosi, invece, sulla motivazione e l’esempio della leadership per tutto il personale
- far sì che le persone siano orgogliose dei propri compiti e soddisfatte dell’ambiente di lavoro
- è necessario eliminare le barriere che impediscono la gestione ottimale del proprio lavoro, così come le valutazioni annuali o di merito delle persone
- occorre che formazione, autoformazione e motivazione siano formalizzati per tutto il personale, nell’ottica del miglioramento continuo di tutta l’organizzazione
- il cambiamento deve essere condiviso da tutti, la qualità è un lavoro di tutti e per tutti.
Affinché la gestione possa dirsi efficace, bisogna disporre di una padronanza apprfondita di un’organizzazione.
Essa si fonda su quattro i pilastri:
- riconoscimento del sistema (le organizzazioni sono sistemi perché composte da singole parti che tra loro interagiscono per il raggiungimento di obiettivi comuni),
- conoscenza della varianza (la produttività aumenta solo al diminuire della varianza dei processi. Per questo occorre applicare la statistica al controllo dei processi, unitamente a tutti i miglioramenti possibili),
- teoria della conoscenza (la pianificazione si basa su dati pregressi, per cui è necessario che essa sia compresa a fondo, eventualmente anche modificata, prima di essere replicata),
- conoscenza della psicologia (delle persone, delle organizzazioni per agevolare il cambiamento e, dunque, il loro miglioramento).
Il guru giapponese della qualità è Kaoru Ishikawa.
Ha scritto 31 libri e 647 articoli scientifici, ha diretto la Japanese Society for Quality Control e il Musashi Institute of Technology e co-fondato e guidato la International Academy for Quality.
Viene ricordato per il diagramma causa-effetto (o diagramma a lisca di pesce), per avere promosso l’uso dei 7 strumenti della qualità e avere avviato i Circoli della qualità.
Per approfondire, clicca sulla freccia accanto ai titoli riportati di seguito.
Strumento grafico per la rappresentazione di un problema e delle variabili che lo hanno originato.
In sostanza esso agevola la formulazione di ipotesi per determinare cosa ha originato un problema oppure un determinato fenomeno o effetto.
Sebbebe non ne fosse l’ideatore, Ishikawa sostenne fortemente l’impiego degli strumenti della qualità per la risoluzione di problemi, affermando che fossero efficaci almeno nel 90% dei casi.
Il suo contributo fu quello di semplificare alcune tecniche statistiche elementari adattandole al controllo qualità industriale.
Gli strumenti interessati sono:
- foglio raccolta dati,
- istogramma,
- diagramma causa-effetto,
- diagramma di Pareto,
- analisi per stratificazione,
- analisi di correlazione,
- carta di controllo.
Organizzati come le moderne riunioni con il personale, i Circoli della qualità erano incontri a cui prendeva parte tutto il personale aziendale (senza eccezioni).
L’obiettivo era il miglioramento, che si generava grazie a scambi e confronti diretti (brainstorming) tra dirigenti e subalterni per la risoluzione di problemi legati alla produzione (problem solving).
Avviati in Giappone nel 1962, arrivarono in occidente solo una decina di anni dopo!
Grande esperto di controllo qualità, nonché uomo d’affari statunitense, Armand Feigenbaum è stato anche presidente della American Society for Quality.
Come manager, ha riconosciuto la valenza della qualità soprattutto in termini di ritorni economici e ne ha sostenuto la diffusione tra i colleghi.
In tal modo, dunque, da strumento per gli addetti ai lavori, la qualità si è trasformata in una vera e propria disciplina di management.
Per approfondire, clicca sulla freccia accanto ai titoli riportati di seguito.
Il Total Quality Control è uno strumento di gestione che, per raggiungere i risultati attesi dal cliente, richiedere analisi, controllo e miglioramento, investendo capitali contenuti.
Applicando questi principi all’interno della General Electric dimostrò che un enorme dispendio di risorse veniva impiegato per individuare gli errori, correggerli e ripetere le lavorazioni.
Perciò schematizzò le fasi necessarie per raggiungere la qualità totale come segue:
- stabilire metodi standard per ciascuna fase dei processi,
- cercare la conformità ai suddetti standard,
- intervenire, quando non si riesce a restare nei range stabiliti da tali standard,
- pianificare tutte le azioni di miglioramento necessarie.
Come anticipato parlando dei 4 passi verso la qualità totale, Feigenbaum teorizzò che nelle organizzazioni è come se ci fosse una “pianta nascosta” della quale almeno il 40% delle risorse vitali viene disperso.
Questo per dire che solitamente ogni fabbrica spreca tanto tempo (e denaro!) perché deve:
- cercare gli errori delle produzioni,
- apportare le dovute correzioni, e
- tentare di reiterare l’insegnamento, affinché, quindi, si inneschi un miglioramento.
Sebbene meno noto di altri illustri colleghi giapponesi, ricordiamo Shigeo Shingo per il suo lavoro su diverse metologie di produzione che, avviate nel settore automobilistico, sono state impiegate in tutta l’industria moderna.
Era convinto che si potesse migliorare solo con l’analisi attenta dei problemi, con il perseguimento degli obiettivi e con la pianificazione e l’implementazione delle soluzioni.
Per approfondire, clicca sulla freccia accanto ai titoli riportati di seguito.
Utilizzata moltissimo anche oggi, la strategia Just in time (abbreviata con l’acronimo JIT) snellisce la gestione delle scorte e ottimizza i costi di magazzino.
Gli approvvigionamenti, infatti, vengono fatti in base alle effettive richieste ricevute, mentre la produzione realizza soltanto i prodotti che si prevede di vendere nel breve periodo.
In questo modo, dunque:
- si evita di “bloccare” capitali sulle materie prime,
- il magazzino può avere dimensioni ridotte, e
- le spese di spedizione si sostengono solo all’occorrenza.
Shingo sviluppò questo metodo in Toyota nei primi anni ’50 insieme a Taichii Ohno, con l’obiettivo di eliminare gli sprechi, ridurre al minimo i difetti e servire il cliente in modo ottimale.
In giapponese Poka-yoke (ポカヨケ), viene sviluppato da Shingo tra il 1960 e il 1977, sempre in Toyota, significa “a prova di errore”.
Produrre a prova di errore, infatti, voleva dire controllare le linee produttive in modo che, qualora si fosse verificata una criticità, le lavorazioni venissero interrotte e il problema venisse risolto adottando le opportune correzioni, affinché il risultato finale (il prodotto finito) fosse ottimale, come da richiesta del cliente.
In questo modo, dunque, si impedisce al singolo errore di divenire un difetto di fabbricazione.
Altra innovazione epocale di Shingo è stata la tecnica produttiva Single-minute exchange of die (SMED) per l’abbattimento dei tempi di produzione e degli scarti.
In particolare, Shingo lavorò sodo per abbattere la soglia dei 10 minuti necessari per sostituire gli stampi dei macchinari quando era necessario passare da un lotto a un altro.
Altro illustre “padre della qualità”, Joseph Juran dedicò la maggior parte della sua lunghissima esistenza (morì a 104 anni) alla qualità e alla gestione.
Come Deming, infatti, si trasferì in Giappone nel 1952: la prima edizione del suo libro “Quality control handbook“, infatti, ottenne larghissimi consensi.
Le aziende del Paese del Sol levante, infatti, sebbene fossero molto competitive sui prezzi, lasciavano molto a desiderare in termini di qualità del prodotto.
Per approfondire, clicca sulla freccia accanto ai titoli riportati di seguito.
La trilogia della Qualità è un approccio innovativo alla gestione delle organizzazioni, basato su 3 principi essenziali:
- PIANIFICAZIONE: per produrre beni che soddisfino il cliente, è esseznziale concentrarsi su specifici aspetti, indipentemente dal tipo di output (stabilire obiettivi, identificare destinatari ed esigenze da esaudire, sviluppare prodotti e processi in grado di adempiere a questo compito, definire controlli da attuare e trasmetterli agli interessati).
- CONTROLLO: confrontare le performance attese con il prodotto ottenuto, così da potere abbattere le differenze.
- MIGLIORAMENTO: è qui che risiede il vero cambiamento! Occorre
- stabilire in che modo possa essere misurato (annualmente) il miglioramento atteso,
- identificare i progetti di sviluppo e le necessità di migliorare dei singoli processi,
- definire persone e responsabilità dei team che si dedicheranno rendere concreto il miglioramento,
- supportare questi gruppi fornendo loro risorse, motivazione e formazione adeguati.
Per Juran, parlare di “costi della qualità” significava mancato raggiungimento degli obiettivi sin da subito (la prima volta che un prodotto veniva realizzato).
Li ha classificati come segue:
- costi del fallimento (rilavorazioni, scarti, reclami, ecc.),
- costi di valutazione (verifiche, indagini, controlli della conformità),
- costi di prevenzione (formazione del personale, ispezioni preventive, miglioramento dei processi).
Juran è ricordato anche per i suoi 10 step, necessari per raggiungere davvero il miglioramento:
- aumentare la consapevolezza della necessità e dell’opportunità di migliorare,
- definire gli obiettivi del miglioramento che si intende perseguire,
- pianificare in che modo raggiungere il migliorameno auspicato,
- formare e addestrare le persone coinvolte,
- lavorare su progetti che risolvano problemi e criticità,
- tenere traccia dei cambiamenti che si verificano,
- riconoscere il lavoro svolto dalle persone,
- rendere noti i risultati raggiunti,
- tenere il punteggio,
- conservare lo slancio come “miccia” per innescare anche miglioramenti successivi.